CARA TRACEY TI SCRIVO
Sex and solitude. Tracey Emin a Palazzo Strozzi, Firenze
Date
2025
Cara Tracey,
sul treno di ritorno da Firenze, dopo aver visto la tua mostra, provo a ordinare le idee e a scrivertele. Ti seguo da una vita, conosco tutta la tua opera, ho letto, ho ascoltato le interviste, ti ho mandato perfino un messaggio che non avrai neanche visto. Ti dicevo che volevo esserti amico…
Amico lo sono, unilateralmente, e i tuoi lavori mi fanno star male da quanto mi piacciono. Il nudo, classico dell’arte occidentale, non ha mai visto una riduzione alla pura emozione come fai tu, lasciando il pennello tracciare righe o macchiare spazi con nervosi scatti. So cosa vuol dire, sono anch’io artista, conosco il dire senza dire il comunicare in silenzio il nascondersi dietro una smisurata brutalità appena accennata. C’è da impazzire, nel farlo e nel vederlo.
Molti artisti, come te, hanno fatto un tutt’uno tra vita e opera. Ma tu, Tracey cara, non hai esibito la tua vita privata nelle opere, che so amici, luoghi, vestiti, strampallerie, gusti, idiosincrasie, soldi… Tu hai esibito il sesso, come se non ci fosse stato altro nel comportamento di una che è nata nel 1963. Perché una cosa tanto comune, che fanno tutti? Nessuna lezione morale (grazie) né pro né contro, nulla di peggio dell’artista moralizzatore.
Però questo tuo, quello dei tuoi quadri, non è il sesso felice che la nostra industria culturale (per non dire dell’industria porno) vuole sciorinare a proposito e a sproposito. Io in questi segni vedo sofferenza. A te questa cosa ti ha fatto affliggere e tanto. E siccome parli (troppo, te lo dico da amico) diversi accidenti li veniamo a sapere. La mamma che non ti ha abortito per miracolo (tu non credi ai miracoli ma io sì), ma che poi ti ha fornito la pillola fin dai quattordici anni, esagerazioni giovanilissime finite in lacrime: «Mi resi conto di ricevere molto meno di quanto stesse dando, e questo non mi rendeva felice, così tornai alla castità. Nella mia vita ho attraversato lunghe fasi di astinenza dal sesso, la più lunga è durata circa dieci anni». Il non voler essere madre, gli aborti che ti hanno scossa, la solitudine, la solitudine, solitudine. Non dire che è per la creatività, cosa vera ma insufficiente, da soli si sta male. A me sembri una donna con un bisogno assordante di essere amata.
Ma la vita va come va e l’ultimo capitolo è il più amaro, un cancro alle parti basse con la forzata asportazione di diversi organi, vescica e dintorni. Era il 2020. Nel 2019 mia sorella subì la stessa operazione. L’ho vista penare giorno dopo giorno, le stringevo la mano quando il dolore si faceva insoffribile. Piangevo allora e piango ancora adesso perché Mari era la persona che amavo di più e non ce la fece. Perciò, Tracey, ti capisco bene. Oggi ho visto un tuo post su Instagram dove dici che ti senti dentro un morto. Niente più sesso, niente più quasi niente.
Ma la mostra l’hai fatta e non pensare che i visitatori non provino nulla per te. «Oggi per me c’è qualcosa di più importante del sesso: è l’amore, sì, senza dubbio, l’amore è più importante». Capisco. Ma, visto che sei stata tu a cominciare, quanto mi piacerebbe conoscere i tuoi veri sentimenti. Perché tutto tutto tutto non ci dice mai. Per esempio, come vedi adesso, alla tua età e con il corpo dilaniato, l’esibizione di una volta. «Quando ero più giovane, non avevo limiti e non capivo quando mi spingevo troppo in là. Questo è stato piuttosto negativo per me stessa. Ora mi proteggo, mi prendo molta più cura di me».
I quadri dopo l’operazione sono un grido raggelante non meno delle pinturas negras di Goya. Monotipi grandissimi in grigio, figure dolenti e contorte. Non esistono le parole per dire quanto è detto qui.
Eppure, dovessi comprarti un quadro o chiedertelo in regalo (due chimere impossibilissime) sarebbe quel piccolo ricamo un po’ naif che reca la scritta I Keep Loving You accanto ad alcune rose. Quello non è un racconto, è un po’ di cuore, è quello che sarebbe piaciuto sentirti dire sempre come piace anche a me.
E se un giorno ti potessi parlare ti chiederei sul senso degli accenni religiosi in mostra, dalle aureole, agli arazzi. In uno scrivi intorno a una croce: Come unto me every time I feel love I think Christ in coming to be crucified so I close may eyes and I become the cross so beautifull. Poi c’è un crocifisso nel tuo stile ma chiarissimo e poi una scritta: Take my soul. Tu dici di non essere religiosa e che queste sono cose così. Ne sei sicura?
Ecco le riflessioni del treno (un’ora di ritardo, rimborso di 22 euro). La mia stima, il mio affetto e la mia amicizia le avrai sempre.
Tuo,
Michele Dolz